Bicicletta

fb213f089c86a3433f9371de4388283f.jpgAbito in periferia di una grande città. Lavoro in centro. Cioè a Milano per essere precisi. Ogni giorno osservo centinaia di auto fare avanti e indietro. E’ come se all’interno di quelle lamiere la gente si trasformasse. Quando sono all’esterno dell’abitacolo sono nonne, zii, amici e cugini, ma una volta dentro diventano parte dell’automezzo. Che sia una berlina, una monovolume, un camion o un furgonato. Non sono più persone, sono veicoli. Fino ad un secondo prima sono personcine tranquille e simpatiche, e poi come un demone sopito che si risveglia diventano esseri ansiosi di arrivare alla meta. Strombazzano, accellerano al semaforo, ti fanno i fari a chilometri di distanza, veloci, veloci, devono arrivare prima di tutti. E nonostante tu cerchi di non farti contagiare dal morbo dell’agitazione è impossibile rimanere impassibili, è come una sostanza fluttuante nell’aria. E’ il satanico CO2. Ti entra nei polmoni, ti inquina il sangue e come la pioggia acida rende sterile il raccolto, così rende disumane le persone. Ma oggi ho scoperto un antidoto. Sono uscito di casa in bici. Di solito la uso per fare pochi chilometri, un paio al massimo per andare a fare la spesa. Ho controllato sulla cartina e ne avrei dovuti fare 10 per una commissione. In macchina sarebbe stato un suicidio, benchè relativamente vicino. Già immaginavo le code ai semafori, rabbrividii. E quindi presi la bici. I primi chilometri furono uguali a tutti gli altri, nevrastenici. Osservavo le auto sfreccianti a pochi millimetri da me e mi domandavo se sarei sopravvissuto. Immaginavo sportelli di furgoni aprirsi all’improvviso, o che qualche auto mi tamponasse o che distrattamente tagliandomi la strada mi investisse. Sudavo freddo, un pò anche per la leggera fatica. Poi d’un tratto accadde il miracolo. Mi resi conto che esistevano i marciapiedi e notai che gli automezzi di norma non ci salgono. Con il semaforo rosso loro rimanevano fermi in attesa del verde, io invece potevo agilmente zigzagare tra gli enormi SUV categoricamente neri. Ah! Quale goduria! E poi considerai che potevo osservarmi attorno, con occhio sagace individuavo il gradino più basso, il sottopasso, il guado tra il fiume di auto. Come in una giungla impazzita esploravo un nuovo mondo facendomi largo tra clacson e fari d’emergenza lampeggianti. E poi l’imprevisto di perdersi tra le stradine secondarie, quale straordinaria sorpresa trovare una scorciatoia attraverso strade sconosciute. Sognai addirittura di avere una bacchetta magica e di trasformare tutte le automobili in biciclette. Portai a termine la commissione e me ne tornai felicemente a casa. Mi parve quasi di essere diventato una persona migliore, più rilassata. Senza l’incubo di passare col rosso e rischiare una multa, al massino mi avrebbero fotografato i copertoni delle ruote. Ad un certo punto preso dall’entusiamo salutai addirittura un passante. In bicicletta le distanze si accorciano  e allora immaginai una città fatta di piste ciclabili, gazebo bianchi per noleggiare bici, canali d’acqua per trasportare le merci, verdi parchi e gente allegra che ride e canta. Poi rammentai che quella città esiste davvero!. E’ Amsterdam!

Biciclettaultima modifica: 2007-06-18T16:14:10+02:00da agrauwin
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